8 Marzo 2020, mai come quest’anno l’emergenza è “donna”

8 Marzo 2020

Quest’anno l’8 Marzo non si sente, è scivolato in secondo piano; siamo troppo preoccupate e preoccupati di mantenere le distanze, di sapere quanti sono i nuovi contagi, i decessi, i guariti. Siamo in trepida attesa delle nuove zone rosse, con tutta la preoccupazione che può derivare da questo tipo di provvedimenti. Siamo distratti e distratte da un piccolo virus che ci sta procurando enormi danni. Quest’anno invece, contrariamente al solito, è l’anno delle donne. In questo periodo siamo le protagoniste assolute; non ce ne rendiamo conto, ed è un peccato.

In questi giorni difficili e delicati, che il nostro territorio in particolare sta affrontando, ci balza subito all’occhio che, “l’emergenza è donna”. Nei numerosi servizi  che vediamo su tutti i canali televisivi, sotto a camici e mascherine intravediamo figure femminili. All’interno dei nostri ospedali tantissime donne sono esposte al contagio per professione, oltre al rischio comune di qualsiasi altro cittadino. Lo avrete notato anche voi che, le donne sono lì, in trincea, a fronteggiare la grande emergenza sanitaria.

Partiamo dal laboratorio di riferimento dell’Ospedale Sacco, in prima linea la dottoressa Gismondo. La vediamo in televisione. Capiamo tutti che dorme tre ore per notte, capiamo tutti che sta dando il massimo e l’impossibile. La chiamano “la Signora del Sacco”. Ringraziamo Dio che al Sacco c’è la Signora Dottoressa.

Arriviamo alle nostre operatrici sanitarie, nei nostri ospedali, nelle nostre case di riposo: non si sottraggono e stanno facendo l’impossibile per contenere il contagio e per assistere i pazienti, da quelli meno gravi a quelli più gravi, curandoli, affrontando turni che arrivano fino a 13 ore al giorno. Fino a qualche giorno fa non sembravamo necessarie a nessuno, quasi un peso. Eravamo i fannulloni. I lazzaroni. Quelli che pensano solo allo stipendio. Improvvisamente tutti hanno scoperto che siamo necessarie e fondamentali.

Nei reparti, nei servizi, nelle residenze sociosanitarie del sistema sanitario regionale, le donne in questi giorni, in queste settimane e nei prossimi mesi si sobbarcano, e si sobbarcheranno, tutto il peso di questa grande emergenza sanitaria. Pagheranno due volte, porteranno due carichi: il peso professionale e il peso sociale di tutto quello che sta accadendo oggi. Infatti  questa emergenza sanitaria sta creando due grandissimi pesi, che le donne della cura e dell’emergenza devono portare insieme sulle proprie spalle. Queste donne, che si occupano della salute di tutti, sono perennemente alla caccia di nonni, zii, conoscenti o di baby sitter per sistemare i figli che non possono andare a scuola. Le vedi sempre di corsa. Corrono per arrivare al lavoro, corrono per tornare a casa con la prioritaria necessità di una doccia e di un po’ di cibo da buttare giù, qualche carezza e qualche domanda ai familiari mentre si occupano della casa e della biancheria, perché un controllino lo si deve comunque dare, e cadono in un sonno profondo ristoratore. Spesso i compagni di vita di queste donne non hanno vita facile, lo hanno capito da tempo, e per questo danno una grande mano nella gestione della famiglia; lo sanno di essere una “non priorità”. Sanno di avere accanto delle donne con una grande volontà, con una grande forza e con un senso del “prossimo” molto dilatato.

Nel sistema sanitario, il 66,8% del personale è composto da donne, contro il 33,2% degli uomini; il 71,5%, pari a circa 431.492 unità, ha un ruolo sanitario, il 17,6% ha un ruolo tecnico, il 10,7% un ruolo amministrativo. Nei ruoli sanitari il 58,7%, pari a 253430 unità, è rappresentato da infermieri e personale di supporto all’assistenza, il 23,4% da medici e il 17,9% da altre figure professionali sanitarie. I corsi di laurea in profili sanitari sono frequentati dal 68,7% da donne e quelli con profili sociali dal 56,9%.

Per queste donne, la conciliazione dei tempi vita-lavoro non esiste quasi mai. È difficile, per non dire impossibile, su un lavoro a turni h24, parlare di flessibilità in entrata o in uscita; il turno a quell’ora inizia e a quell’ora finisce e se tu non ci sei, qualcun altro al posto tuo ci deve essere. I congedi parentali non aiutano molto: sono stretti, sono di non facile accessibilità e soprattutto in questi tempi con la scuole chiuse da tre settimane, sono gravemente insufficienti. Le donne della Sanità e dell’Assistenza, non mollano e si organizzano in piccoli gruppi e riescono a creare piccole attività di “sorveglianza” in autogestione tra colleghe. Le senti, tra loro al telefono, che riescono a parlarsi di compiti di matematica e di gestione di respiratori automatici, con la stessa disinvoltura e naturalezza, come se entrambe le cose fossero di una semplicità estrema.

Un esercito di donne che sta fronteggiando e gestendo la salute di tutti i cittadini a vario titolo: donne che si vedono ma, allo stesso tempo, sono dannatamente invisibili. Nelle varie conferenze stampa vediamo solo uomini. Insomma siamo alle solite: mentre gli uomini appaiono e sembrano essere i grandi fronteggiatori dell’emergenza, le donne senza mostrarsi sono sul campo operativo. Anche loro hanno paura, paura per se, paura per i propri congiunti, ma l’obiettivo che si sono prefissate è più grande della loro paura.
(Katia Dezio, Responsabile Coordinamento Donne Cisl Bergamo)

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